WE LOVE COFFEE – INTERVISTA A RUBENS GARDELLI

Wednesday 17th, June 2015 Scritto da

Fabrizio Rinaldi continua con la serie delle sue interviste, e stavolta ci regala una bella perla su un nuovo maestro del caffè italiano: Rubens Gardelli.

Rubens Gardelli

Rubens Gardelli

Mi piace immaginare che questa intervista sia avvenuta in un’altra epoca, in una coffee house del XVII secolo, magari, dove io e Rubens Gardelli siamo seduti su delle scomode panche di legno, in un locale fumoso e pieno di gente interessante, a bere un caffè scuro e denso come la pece, e berne un altro, e poi un altro ancora, discutendo di mille argomenti diversi, giungendo alla fine, inevitabilmente, a parlare concitati dell’unico argomento che ci interessa davvero: il caffè, appunto. Io avrei indossato i panni di un giornalista che mostrava con orgoglio la sua padronanza di nomi e caratteristiche delle varie specie di Arabica che allora si usavano nelle miscele ( all’epoca la Coffea Robusta non era stata ancora scoperta ).
Rubens ascoltava paziente, sorseggiando due, o tre tazzine nello stesso momento, e riuscendo ad indovinare lo stesso le caratteristiche e i nomi di ciascuna di esso, senza bisogno di blaterare tanto alla fine, ci saremmo accorti che parlavamo la stessa lingua e che ci univa la stessa passione.
Questo era il mio sogno. Ma la realtà è ben diversa, come tutti sanno, tuttavia l’argomento della conversazione è rimasto immutato nei secoli. Parliamo di caffè, naturalmente.

Io, timido torrefattore che prova ad affacciarsi in questo mondo così machiavellico e affascinante. E Rubens Gardelli … Già, per chi non lo sapesse, Rubens attualmente è il miglior torrefattore italiano, vincitore per due anni di seguito dei Campionati Italiani di Tostatura del caffè, nel 2014 e 2015, e candidato ufficialmente a partecipare al World Coffee Roasting, massima competizione internazionale sulla tostatura del caffè, che si svolgerà a Goteborg, in Svezia, dal 16 al 19 luglio. Gestisce inoltre il locale Bar Santa Fé, a Forlì, un punto di ritrovo per gli amanti del caffè di qualità, dove questa bevanda viene tostata e proposta in una gamma ben selezionata di miscele e monorigine.
Questo è Rubens Gardelli e adesso lo abbiamo qui con noi, per un’intervista esclusiva sul blog Ilcaffeeespressoitaliano.

Buongiorno, Rubens. Prima di cominciare, raccontaci cosa si prova a vincere per due anni di seguito i Campionati di Tostatura e come ti sei preparato per affrontare un simile evento.
Sicuramente felicità e una buona dose di autostima, due stimoli molto importanti per portare avanti il mio lavoro. Considera che ho iniziato le gare lo scorso anno, quindi sono soltanto dodici mesi, o poco più, che partecipo a questo genere di competizioni. Ci si prepara a questo evento, prima di tutto, leggendo approfonditamente il regolamento, per capire bene in cosa consiste la gara, quanti punti si hanno a disposizione e il criterio con cui vengono assegnati, si fa un po’ di strategia, insomma. Poi è fondamentale l’esperienza, considera che io tosto un giorno sì e uno no, analizzando con cura il risultato finale. Ogni volta che ricevo un nuovo lotto di caffè, infatti, provo sei, o sette profili di tostatura, e dopo averlo lasciato riposare qualche giorno, lo assaggio “ alla brasiliana “, un metodo internazionale per l’assaggio, definito dalla Scae, detto anche “ cupping protocol “, oppure in espresso, se è destinato esclusivamente a questo tipo di bevanda. In pratica, è importante capire, in ogni fase di tostatura, cosa si va a cambiare in assaggio, modificando i tempi e le temperature di cottura del caffè.

Complimenti, è un percorso lavorativo davvero unico nel suo genere. Passiamo alle domande, ora. Rubens, non ti chiedo quando hai bevuto il tuo primo caffè, ma quando è stata la prima volta che ti sei accorto che dietro una tazzina di caffè potesse nascondersi qualcosa di speciale.
Direi che è stato un percorso graduale, cominciato nel 1997 quando mia madre ha acquistato un bar nella zona industriale di Forlì. Io ho lavorato con lei dal 2001 al 2005, poi presi un’altra strada, a Firenze, prima, e poi due anni in California. Nel 2008 tornai nel locale e nel frattempo era cresciuta in me l’idea di tostare da solo il caffè. Decisi quindi di studiare approfonditamente tutto ciò che riguarda questo mondo, dalla raccolta dei chicchi verdi ai profili sensoriali durante l’assaggio. Acquistai una piccola tostacaffè, ad uso casalingo, comprando on line, da un negozio che si trovava negli Stati Uniti, diverse varietà di caffè, analizzando poi i profili di tostatura e il risultato finale in tazzina. Riuscii così a definire il mio sogno di diventare un torrefattore e di vendere il frutto della mia selezione anche ad altri locali e privati.

Cosa consiglieresti a chi, spinto dalla nostra stessa passione, vorrebbe avvicinarsi a questo mondo e diventare quindi un bravo torrefattore ?
Il primo consiglio, in assoluto, è che per essere un bravo torrefattore bisogna diventare, prima di tutto, un bravo assaggiatore, altrimenti si finisce come una barca in balia delle onde, circondato da centinaia di opinioni diverse.
Si deve, quindi, affrontare una seria e professionale preparazione sull’assaggio, con i parametri definiti a livello internazionale dalle principali associazioni di caffè.

Una domanda a bruciapelo: Kopi Luwak o Jamaica Blue Montain ?
Jamaica Blue Montain, anche se posso dire che sono due caffè estremamente costosi, con un rapporto squilibrato tra qualità e prezzo. Il kopi va boicottato perché nasconde uno sfruttamento animale e in realtà non accade più di tanto nella fermentazione del chicco all’interno dello stomaco dello zibetto. Il Jamaica, venduto in barili di legno, è una bellissima operazione di marketing, ma all’assaggio non vale assolutamente il prezzo che si paga. E poi le zone in cui viene coltivato non hanno un’elevata altitudine, elemento fondamentale per creare il microclima adeguato affinchè la pianta del caffè, specie arabica, sviluppi degli aromi ricercati.

Io sono curioso di provare un monorigine che si differenzi da tutti quelli che ho assaggiato fino ad ora. Tu quale mi consigli, per scoprire un sapore nuovo e in che modo dovrei tostarlo ?
Intanto ti consiglio di assaggiare il caffè con un metodo di estrazione diverso dall’espresso, per scoprire gusti e colori nuovi. Lo puoi bere con il Drip, ovvero un infusione, effettuata con diversi modelli, come il V60 della Hario, o un Bonavita, oppure utilizzando il French Press o il Siphon. C’è anche una gara internazionale, la Brewers Cup ( vinta in Italia due anni di seguito dal nostro Rubens. ndr ) basata proprio su questo metodo di estrazione, on demand, tra l’altro, e quindi diverso dall’estrazione che si ottiene da una macchina Dutch Brewer, ad esempio, che fa un litro di caffè alla volta. Questa è un tipo di infusione, invece, sul concetto dell’espresso. Ti consiglio allora di bere, con metodo filtro, il monorigine Panama Geisha. Riguardo alla tostatura, non posso rispondere precisamente a questa domanda, come ho già detto, infatti, ogni caffè va testato con diversi profili di tostatura.

Questa articolo è cominciato con un sogno e adesso vorrei condividerlo con te. In quale epoca e in quale luogo avresti trascorso volentieri un paio d’ore per bere un ottimo caffè?
In epoca odierna, perché è molto più probabile bere adesso un buon caffè, rispetto agli anni passati. Ci sono diversi luoghi dove passerei volentieri del tempo per bere un caffè, come il Colonna&Small’s, a Bath, in Inghilterra, in quanto conosco il proprietario e so che sarebbe un esperienza unica, sia per il customer care che offrono che per la varietà di caffè. In Giappone, a Kioto, al 100% Arabica, una celebre caffetteria, oppure negli Stati Uniti, a Oakland, nella sede centrale della Blue Bottle, una catena di ristorazione che propone caffè di alta qualità.

A me affascina molto il rituale del caffè che si svolge, uguale nei secoli, nei villaggi etiopi. Chissà, magari un giorno anche noi due faremo un viaggio nel Corno d’Africa, per bere insieme una quindicina di tazze di caffè ! Che ne pensi?
Penso che un bravo torrefattore non può ritenersi completo finchè non ha visitato il luogo dove è la pianta di caffè arabica si è originata, ovvero gli altipiani etiopici. Sono d’accordo con te, credo sia un’ottima idea, anche se il loro rituale di caffè, interessantissimo dal punto di vista culturale, prevede in realtà una bevanda tendenzialmente amara, in quanto i chicchi vengono tostati molto scuri su una semplice padella. Va comunque ricordato, riguardo al caffè, che tutto è nato lì, tutte la varietà botaniche di questa pianta, sparse nel mondo, infatti, provengono da ceppi etiopici, quindi l’Etiopia è un paese magico.

Grazie, Rubens, per la piacevole chiacchierata. Un saluto a tutti i lettori del blog !

E noi ricordiamo che potete contattare Fabrizio a   [email protected]

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