UN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE ORIGINI DEL CAFFE’, IL RWANDA

Monday 12th, November 2018 Scritto da
Rwanda

Rwanda

 

Andrea Michelotti, scrittore, tostatore e soprattutto grande appassionato di caffè, di ritorno da un viaggio in Rwanda racconta in esclusiva per il nostro blog la sua esperienza attraverso la filiera del caffè del paese africano.

Il paese delle mille colline. La casa del gorilla di montagna. La Svizzera d’Africa. Ma anche il teatro del genocidio del 1994. Il Rwanda è un paese piccolo per dimensioni ma capace di offrire innumerevoli argomenti di riflessione e una natura di debordante bellezza.

Il paese si estende su un altopiano a 1500 mt slm e tutto il suo territorio è un susseguirsi di colline, sovrastate dalla mole della catena di vulcani a nord (fino a 4200 mt d’altitudine) e incorniciati dall’incantato lago Kivu a ovest. Verso est il quadro si completa con il digradare verso le pianure della Tanzania. Il nomignolo di Svizzera d’Africa si deve al maniacale ordine e alla pulizia con cui ogni spazio comune viene mantenuto dalla popolazione e, negli ultimi anni, dalla presenza di alcuni fra i più importanti istituti bancari del continente.

Terreno vulcanico d’alta quota, abbondanza d’acqua e una vegetazione spontanea che favorisce l’ombreggiatura, fanno del Rwanda un buon posto dove coltivare la coffea arabica. Le piantagioni di caffè e tè sono le principali voci dell’esportazione del paese e le uniche entrate in moneta pregiata su cui la bilancia commerciale rwandese può fare affidamento. Il tè ha una forte diffusione anche sul mercato interno, mentre il caffè è praticamente ignorato. Tradizionalmente è preparato bollendo il macinato in acqua con l’aggiunta di spezie, soprattutto zenzero, latte e zucchero.

In Rwanda si coltiva arabica per il 95%, genere Bourbon o varianti, e di questo il 90% è destinato all’esportazione. Il raccolto avviene fra Aprile e Giugno e negli ultimi anni viene lavorato per lo più col metodo fully washed. Durante il mio viaggio ho potuto visitare tutta la filiera produttiva, dalle piantagioni sul lago Kivu, un luogo dalle atmosfere fiabesche, fino alle torrefazioni di Kigali, la capitale, dove i massicci investimenti degli ultimi anni hanno permesso la realizzazione di impianti di tutto rispetto. Stazioni di lavaggio, impianti per la decorticazione e la crivellatura, la selezione manuale: tutte le nozioni di cui avevo letto sui manuali in breve tempo hanno preso corpo e identità nelle molte persone con cui ho potuto parlare e di cui ho apprezzato il lavoro.

La guerra civile del 1994, in cui sono state massacrate quasi tre milioni di persone su una popolazione stimata di dieci milioni, è stata per l’intero paese un punto di non ritorno. Niente poteva essere, o tornare a essere, come prima. Lo sforzo di elaborazione della tragedia e di soluzione dei conflitti è stato enorme e non è ancora concluso, ma ha anche permesso al paese di ripartire con una spinta propulsiva enorme, non saprei dire se alimentata dalla paura che l’orrore potesse ripetersi o dal desiderio di voltare pagina e poter tornare ad avere fiducia in se stessi e nei propri vicini.

Il governo si è completamente rinnovato e ha avuto il merito negli anni di costruire le condizioni ideali per attrarre capitali e sovvenzioni estere con cui attivare progetti concreti, puntando su una gestione trasparente, efficienza e obbiettivi chiari. Oggi il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale indicano il Rwanda come un esempio da seguire. E molte organizzazioni lo scelgono per impiantare le proprie sedi principali, riconoscendo il paese fra i più sicuri e stabili dell’area.

Fra queste, Twin & Twin Trading (twin.org.uk) una ONG che aiuta i piccoli produttori di caffè, cacao e noci a migliorare le loro produzioni in qualità e quantità e a ottenere migliori condizioni dal mercato attraverso una propria societa commerciale Twin trading . Per il suo operato Twin ha vinto il premio SCAA 2018 Sustainability nella categoria Business. Sostegno alla creazione di cooperative, formazione, tutela dei diritti dei lavoratori e parità di genere, difesa ambientale sono gli ambiti in cui l’organizzazione si è attivata e specializzata negli anni. In Rwanda il responsabile per l’africa dell’Est , Mattia Guglielmi, mi descrive un paese sicuro, più organizzato dei vicini e un governo forse eccessivamente presente e decisionista.  Stempera il mio entusiasmo “turistico” per le cooperative di piccoli agricoltori con la consapevolezza di chi quei paesi li conosce e li vive da anni. “C’è molto da lavorare” sarebbe una chiosa possibile e veritiera.

Twin sostiene tutta la filiera, cercando di ottenere un posizionamento di mercato che remuneri adeguatamente (o sarebbe meglio dire “meno ingiustamente”) gli agricoltori, le loro famiglie e le comunità che beneficiano di tutti i progetti paralleli che possono nascere grazie a queste buone pratiche.

In Rwanda ho potuto visitare la cooperativa Kopacama, che rientra fra quelle collegate al lavoro dell’ONG.  Impianti di lavaggio, stabilimento per la decorticazione, la crivellatura e il sorting manuale sono ben organizzati ed efficienti. Nel laboratorio non mancano ottimi caffè da assaggiare.

cooperativa Kopacama

(Kopacama-impianti decorticazione e selezione dimensione e densità)

La cosa che mi ha colpito di più è il lavoro che si svolge intorno alla cernita del caffè crudo. Dalle foto non so se si riesce a capire quante persone e con quale attenzione viene scelto, chicco per chicco, tutto il caffè che viene lavorato.

È stata poi la volta delle torrefazioni di Kigali. Tutti i miei contatti sono stati disponibili e orgogliosi di potermi mostrare il loro lavoro. Prima ho visitato Gorilla’s Coffee, nata nel 2014 e parzialmente finanziata da un  programma governativo denominato NAEB che si occupa della promozione dell’industria del caffè e della sua promozione sul mercato interno ed estero. Ammetto che i miei preconcetti da europeo mi avevano condizionato e mi aspettavo un impianto modesto. E invece:

(Un’italianissima Brambati, in tutto simile al modello con cui lavoro ogni giorno.)

(Un’italianissima Brambati, in tutto simile al modello con cui lavoro ogni giorno.)

Benjamin Nkurunziza, manager della Gorilla’s Coffee, mi ha esposto storia e prodotti della torrefazione facendomi scoprire come il mercato (soprattutto nord europeo e canadese) abbia già aperto le sue porte al caffè  tostato, mentre nella mia ignoranza pensavo che solo il caffè verde solcasse i mari per arrivare ai nostri scaffali. I volumi non sono alti, per ora, ma la strada è aperta e la possibilità di sfruttare tutto il valore aggiunto del confezionamento e della torrefazione dei caffè da parte degli stessi soggetti che lo coltivano non può che rappresentare un’evoluzione (avverto in lontananza gli scongiuri dei torrefattori nostrani). Avere impianti moderni permette poi all’azienda di soddisfare ogni richiesta in ordine al grado di tostatura e alle modalità con cui effettuarla. Ogni cliente invia le proprie specifiche, o passa qualche giorno a fianco del mastro tostatore in loco, e il gioco è fatto. I requisiti richiesti saranno rispettati.

Ormai liberato dai miei preconcetti ho visitato anche Rwashoscco Coffee. Anch’essa fondata recentemente, nel 2013, dall’unione di 6 cooperative, ha avuto una crescita più progressiva iniziando con una piccola tostatrice tre chili fino a lavorare con due splendide e affidabili PROBAT XX chili. In compagnia di Sosthene Uyiringiye ho girovagato per tutto lo stabilimento, ripercorrendo ogni passaggio, dall’arrivo del verde fino all’uscita dei camion con le confezioni pronte per la vendita. Qui il peso del mastro torreffatore, la mia guida, e dei suoi colleghi più giovani è determinante. Il processo di cottura è affidato all’esperienza e alla formazione che è stata fatta alla nascita dell’azienda grazie a Scaa.

(Sosthene con uno dei suoi aiutanti)

(Sosthene con uno dei suoi aiutanti)

Un attrezzato laboratorio in cui lavorano due esperte assaggiatrici valuta sia il caffè in entrata che i risultati delle Probat (60 test di cupping al giorno x ognuna). In tutte e due le torrefazioni le prassi di cottura del caffè risultano simili. Il mercato estero, soprattutto tedesco, richiede tostature chiare, fra i 12 e i 14 minuti, il mercato interno, soprattutto legato alle catene di caffetterie che offrono espresso e cappuccini, prediligono tostature a tonaca di frate, spingendosi fino a 18-19 minuti di tostatura. Ambedue le torrefazioni fanno capo a gruppi di piccoli e piccolissimi produttori che possono sfruttare al meglio tutto il valore aggiunto delle loro produzioni. Se Gorrilla’s mi ha colpito per il potenziale, in Rwashoscco mi sono sentito più a mio agio in un contesto ancora vicino all’artigianalità della tostatura.

Dal mio punto di vista vedere l’impegno e i passi avanti che in questo paese vengono fatti per migliorare le condizioni dei piccoli agricoltori unito alla cura per la qualità del prodotto finale è rincuorante. Nel piccolo mondo dei coffee lovers, un futuro migliore è già in cammino.

Rimane una domanda: ma il caffè rwandese com’è? Ma a questa domanda ognuno deve dare una propria risposta, facendo un bell’assaggio!

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